Delitto di Garlasco, clamorosa svolta: c’era un complice, ecco le prove

Il delitto di Garlasco è uno dei casi di cronaca nera più conosciuti in Italia: ora qualcosa potrebbe cambiare la sentenza. 

Tutti ricordano le indagini del 2007, quando la polizia si è trovata a dover indagare sulla morte della giovane Chiara Poggi. Con il tempo, il delitto di Garlasco (com’è stato rinominato dai giornali dell’epoca) è diventato uno dei casi più conosciuti della cronaca nera italiana. Nel dicembre del 2015 (ben otto anni dopo il delitto), la corte suprema di cassazione aveva riconosciuto come unico colpevole il fidanzato della giovane vittima, Alberto Stasi. Secondo il rapporto del Nucleo investigativo di Milano, pubblicato da Giallo, alcune nuove informazioni potrebbero provare la presenza di un complice sulla scena del crimine.

Indagini lacunose

“Indagini lacunose e poco coerenti nella dinamica del delitto”: questo sarebbe scritto nel rapporto del 7 luglio 2020 sul delitto di Garlasco. Dopo averlo letto, i carabinieri di Milano avrebbero a loro volta stilato una nota dettagliata alla procura di Pavia.

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Secondo le Forze dell’Ordine “quanto narrato indica alcuni aspetti non solo lacunosi dal punto di vista investigativo, ma anche poco coerenti con la dinamica del delitto. Inoltre, la complessiva analisi delle investigazioni svolte all’epoca individuerebbe alcuni elementi degni di approfondimenti investigativi poiché, fermo restando gli elementi a carico di Stasi, bisognerebbe prendere in considerazione quantomeno la presenza di un correo”.

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L’avvocato di Alberto Stasi, Laura Panciroli, ha chiesto lo scorso giugno di ribaltare la sentenza definitiva. “Abbiamo argomenti nuovi, mai valutati prima, e a nostro avviso decisivi e seri” aveva dichiarato la Panciroli. La sua richiesta, tuttavia, è stata respinta: secondo la giustizia italiana, il delitto di Garlasco è stato risolto, e Stasi dovrà rimanere nel carcere di Bollate.

Chiara Poggi, vittima del delitto.
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