La tragedia di Seid, il padre rivela: “C’entra il razzismo…”

Il papà di Seid, ex giocatore delle giovanili di Milan e Benevento, ricorda episodi avvenuti al ragazzo: “Le battute “negro di m…”

Il padre del piccolo Seid si racconta dopo mesi dal dramma della perdita del figlio al telefono con il Corriere della Sera: “E io e mia moglie abbiamo deciso che daremo voce al pensiero di Seid, porteremo avanti la sua lotta contro il razzismo e contro ogni tipo di discriminazione. Lo faremo a partire dalla sua lettera. La leggeremo e la discuteremo nelle scuole, nei campi di calcio, nelle conferenze. Lo faremo per lui e per ogni Seid che si sente fuori posto per il colore della sua pelle”. Una decisione forte, coraggiosa, da apprezzare perchè aiuterà il prossimo e cercherà di trasmettere i messaggi giusti ai giovanissimi.

Seid, la precedente convizione del papà

Dopo il suicidio il padre fece delle dichiarazioni allontanando il razzismo dalla morte del figlio: “Ovunque io vada, ovunque io sia, sento sulle mie spalle come un macigno il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone – ricordava il papà di Seid – Era un ragazzo tormentato, con molti problemi. Ma il razzismo non c’entra con il suicidio. Quella lettera era uno sfogo superato». Poi a distanza di oltre un mese, dopo aver trovato maggiore lucidità e aver letto dei messaggi e approfondito di più la vita del figlio, il padre ha cambiato la sua lettura sulla vicenda. Il razzismo c’entra eccome e l’ha voluto urlare al mondo.

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Ha deciso, così, di sentire l’associazione «Mamme per la pelle» di Gabriella Nobile e hanno deciso di coltivare la causa antirazzista del figlio. «In quei giorni eravamo scioccati, confusi. Mia moglie lo ha trovato in quelle condizioni… una cosa devastante. Abbiamo alzato dei muri per difenderci dal dolore e per respingere un assalto mediatico che non ci aspettavamo. Non era tempo per ragionare su quello che ci era caduto addosso.

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Ora invece lo sappiamo: sì, il razzismo ha contato nella vita e nella morte di nostro figlio. Seid era un ragazzo che aveva dei cassetti segreti chiusi nella sua mente, c’erano dentro dispiaceri e abusi subiti in Etiopia da piccolo, contenevano tutte le sue fragilità. Questo ha certamente contato nella sua decisione di togliersi la vita. Ma in quella decisione c’è anche il razzismo che ha vissuto come ragazzo nero qui in Italia».

(screenshot video)
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